Portare a termine
Finire, concludere, portare a termine.
Ogni volta che accade per me è una soddisfazione.
Come lo scorso mese, quando ho finito la stesura del nuovo romanzo.
Del quale non fornisco nessuna anticipazione, se non il titolo. “L’appartamento del silenzio”.
Dopo un lungo periodo di impasse ho poi trovato il giusto slancio per riattivare il flusso creativo, percepirlo e assecondarlo.
Mi sono trovato la sera tardi, al pc, a volte con una tisana a fianco sulla scrivania, altre volte con della musica di sottofondo, a scrivere. E a essere così immerso da ciò che stavo creando da non accorgermi del tempo che passava o dei rumore dei tasti su cui appoggiavo le dita, strumenti tramite i quali le mie parole prendevano forma sul foglio.
Ora lascio il tutto a sedimentare per un po’. Si, ho scritto durante la fase del lockdown, ma non aggiungo altro.
“Mi sono trovato la sera tardi, al pc, a volte con una tisana a fianco sulla scrivania, altre volte con della musica di sottofondo, a scrivere.”
Sto riflettendo su cosa significhi per me portare a termine. Certamente mantenere fede alla parola data, specie se avevo già parlato del mio progetto con alcuni lettori, come in effetti è accaduto. Ma non solo. Significa aver saputo cogliere, dopo averli opportunamente curati, i frutti del lavoro e della progettazione creativa. Ritrovare, sotto forma diversa, idee e suggestioni. E magari trarre spunti per nuovi progetti. Perché dopo ogni fine c’è un nuovo inizio. E per te, cosa significa portare a termine?
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